Oggi è la Giornata Mondiale della Terra, appuntamento che rischia di passare un po’ in sordina, stretta fra carbonara day e l’attualità terrificante della guerra in Ucraina. Purtuttavia è giusto sfruttare questa giornata per fare qualche riflessione sul tema Terra.

Il nostro Pianeta, in quanto corpo celeste, vive la sua orbita attorno al Sole in tutta tranquillità e continuerà a farlo per milioni, miliardi di anni, finché non accadranno scontri planetari che andranno a modificare le condizioni dell’universo.

Diverso è il discorso relativo all’ecosistema, al clima, alle risorse non rinnovabili, all’energia, all’inquinamento ambientale, che hanno subito enormi sconvolgimenti nell’ultimo secolo ad opera dell’essere umano. In questo senso l’uomo è padrone del proprio destino: deve decidere se garantire un habitat vivibile non in condizioni estreme alle future generazioni oppure se continuare a distruggere tutto ciò che ci circonda: terra, acqua, aria e fuoco (energia) in nome di un progresso incapace di fare i conti con le proprie scorie.

I potenti si dividono fra ipocriti (fingono di impegnarsi, ma concretamente portano un bicchiere d’acqua per spegnere un incendio devastante) e scettici (negano il problema e soprattutto la possibilità di fare qualcosa; in fondo è sempre successo che il clima sia cambiato…). Fin qui nulla di nuovo. Chi ci governa sa che per salvare il nostro habitat servirebbero misure eccezionali e nessun politico vuole diventare impopolare.

Poi c’è il mondo degli incoscienti, quelli che veramente non sanno perché nessuno glielo ha spiegato (trattasi della gran parte della popolazione mondiale) e quello degli imbecilli del “me ne frego” (quelli che potrebbero
sapere e se ne fottono).

Chi è veramente coinvolto e consapevole rappresenta una piccola minoranza a cui spetta il gradito compito di “salvare il nostro mondo” così come lo conosciamo e lo amiamo. I grandi cambiamenti sono sempre nati da una piccola minoranza, che ha cambiato le idee, le visioni, le aspettative dell’intera umanità.

Non so se abbia molto senso parlare con i Potenti e con gli Scienziati; vengono molto dopo. Prima occorre parlare con la gente, fare educazione, informazione, creare coinvolgimento, partendo dal vicino della porta accanto, perché ciò che dovrà cambiare prima di tutto è il comportamento dei singoli.

Vi faccio un piccolo esempio: il giorno di Pasqua sono andato a fare una passeggiata al mare, verso le 18. In un bar affacciato sulla spiaggia c’erano centinaia di ragazzi (e non solo) con bicchieroni di plastica in mano a farsi un aperitivo in riva al mare. Sulla sabbia un tappeto di bicchieri ancora mezzi pieni di ghiaccio e rimasugli di birra, spritz, gin tonic, fette di limone e arancio, mozziconi di sigaretta, ecc., buttati a terra con noncuranza, sparsi sulla spiaggia per centinaia di metri, compresa la battigia. Neanche un bidone per raccogliere e differenziare i rifiuti. Ogni tanto un ragazzino con un sacco nero che raccoglieva un po’ qua e un po’ là di tutto. Ho provato schifo e vergona. Perché? Perché? Perché? Che senso ha? È bello fare un aperitivo sulla spiaggia con gli amici, certo, ma perché riempire la spiaggia e il mare di rifiuti? Cosa aggiunge al nostro divertimento? Il piacere del proibito, come quando eravamo nel seggiolone e ci divertivamo a buttare a terra il cucchiaio per farlo raccogliere alla mamma e farla arrabbiare? Perché? Nessuno vuole vietare gli aperitivi, ma perché non usare bicchieri di vetro con cauzione, come fanno in tanti Paesi più civili del nostro? L’usa e getta, che sia plastica o biodegradabile, è un abominio. Qui non c’entrano i Potenti o la Scienza: c’entriamo noi, con i nostri umani comportamenti.

Basterebbe un bar a dare l’esempio e se noi lo scegliessimo gli altri si dovrebbero adeguare. I Potenti possono mettere i divieti, noi possiamo mettere il potere di scegliere.

Ci sono delle cose che non possiamo più accettare. C’è un’isola di plastica nel Pacifico di oltre 10 milioni di km quadrati. Le pance dei pesci (e di conseguenza le nostre) sono piene di plastica e microplastica. Cosa dobbiamo aspettare? A un certo punto la mamma si stancherà di raccogliere il cucchiaio e lo avremo perso, per sempre.

Renzo Agostini