Pandemia, guerra, crisi climatica, siccità, caronte, aumento dei prezzi… Non è più finita. Più che a sufficienza per mandare in tilt il sistema nervoso della gente, con crisi d’ansia, eccessi d’ira e di cattiveria che portano a sbranarsi l’un l’altro, non solo in guerra, ma anche nella famiglia: genitori e figli, marito e moglie, con un livello di crudeltà che sfiora l’incredibile.

Il caldo alla testa? Non solo. Questo è un mondo di pecore e iene, dove sta scomparendo l’uomo sapiens: la saggezza, il rispetto, l’ascolto, la libertà, la fraternità, suonano sempre più come echi lontani di un mondo passato; parole che rimbombano nel vuoto della scatola cranica di un uomo che non sa più guardare al futuro, ha smesso di sognare, di riconoscere la bellezza, di amare.

È come se questo lungo viaggio dell’umanità stesse per giungere al termine: siamo arrivati? È proprio qui che volevano arrivare i nostri antenati quando hanno cominciato ad uscire dalle caverne e ad organizzarsi una vita in comune?

“Arrivare” è un termine che deriva dalla navigazione e significa “… giungere a riva”. Mio nonno faceva il marinaio, stava in mare per mesi ed io non posso fare a meno di dare a questa parola, “arrivare”, un significato pieno di gioia per lo scampato pericolo (perché il mare era – e lo è ancora – un pericolo), un sospiro di sollievo per le mogli, le madri, i figli, che vedevano arrivare la nave in porto, al sicuro.

Non siamo arrivati: siamo al centro di una tempesta che ci sta facendo a pezzi, che potrebbe anche far naufragare la nostra nave, ma non tutto andrà a fondo. Troveremo una zattera a cui ancorarci. Ancora una volta a salvare l’uomo sarà la luce, l’intelligenza, il pensiero, la consapevolezza di essere; le qualità che fanno dell’uomo un essere meraviglioso, diverso dagli altri, unico fra le specie animali a potere avere una opinione, a poter scegliere, a poter avere un sogno, a progettare il futuro e a provare di costruirselo.

Credo nell’intelligenza umana e sono certo che prima o poi prevarrà. Sulla propaganda, sulla manipolazione, sul condizionamento, sull’ignoranza, sulla prepotenza, sulla meschinità, sull’avarizia di sentimenti, sull’invidia, sull’indolenza… Tutto ciò che sta abbruttendo l’essere umano.

“L’intelligenza è la facoltà di comprendere la realtà non in maniera superficiale ma, andando oltre, in profondità, per coglierne gli aspetti nascosti e non immediatamente evidenti” (etimo italiano). Ne parlavo oggi con il mio barbiere (non solo calciomercato….!). Oggi è diventato veramente difficile provare a guardare dentro le cose, ragionare con la propria testa: da una parte c’è la propaganda che mira a controllare, a sottomettere, attraverso la paura e la manipolazione dell’informazione, le menti; dall’altra c’è l’esasperazione della “controinformazione”, del complottismo, delle fake news, del più le sparo grosse meglio è. Queste posizioni sono solo apparentemente contrapposte, ma non lo sono affatto, perché entrambe impediscono il dialogo e la ricerca della verità. Entrambe oscurano le menti, entrambe portano violenza, divisioni. Non c’è libera informazione perché non c’è libero pensiero, perché in questo meccanismo malvagio che si è venuto a creare si è ingabbiato anche il dissenso, ridicolizzandolo. Tirarsi fuori dal coro e tornare ad ascoltare la propria voce, il proprio cuore, è l’esercizio che ci tocca fare per ritrovare noi stessi.

“Quando si sente la fine bisogna piantare un inizio”. Questa frase splendida di Alberto Casiraghi è la luce che si deve accendere sull’umanità: piantare un nuovo inizio, sapendo che chi semina forse non vedrà il raccolto perché a beneficiarne saranno le nuove generazioni. Ma la ricompensa sarà comunque enorme, perché chi mette un seme ne avrà un’immensa gratificazione, che sta nel fatto di sentirsi creatore e di raggiungere l’immortalità attraverso la riproduzione della vita di cui si è stato artefice, protagonista.

Nel disastro del Titanic molti sono riusciti a salvarsi a discapito di tanti, con la prepotenza e facendo valere il proprio rango sociale, ma di questi non è rimasto nulla. Ciò che è sopravvissuto e non morirà mai è la storia d’amore fra un viaggiatore di terza classe e una donna borghese che non è riuscita a salvarlo. Ma quel sentimento andrà avanti per sempre.

Oggi si sente spesso usare il termine “ripartenza”: come a dire riprendiamo il discorso da dove era stato interrotto. In realtà “partire” significa dividere in parti, separare, allontanarsi da dove eravamo arrivati. È un nuovo inizio e non una ripresa del viaggio. Il percorso che stavamo facendo ci stava portando verso l’estinzione della specie. In questo caso “ripart-ire” dovrà significare per forza prendere le distanze da ciò che siamo diventati e costruire un uomo nuovo, degno di abitare questo straordinario pianeta che è la Terra.

Renzo Agostini