All’inizio mi sembrava tutto un Carnevale; poi sono arrivate le Ceneri e non è cambiato nulla e allora ho pensato ad un film di fantascienza di quelli belli catastrofisti, dove per chi sopravvive è peggio che per chi se ne va… In realtà è un frullatore mediatico dove tutto si mescola in una poltiglia insapore che va bene per chi è troppo piccolo per avere denti e chi è troppo vecchio e i denti non li ha più. Non c’è più nulla da masticare, da capire, da assaporare, da riconoscere. Ce lo fanno ingoiare con l’imbuto: il virus.

In questo momento non mi va di scrivere di lui, il virus. Già  ne parlano in troppi, convinti di tutto e del contrario di tutto: non mi interessa gettarmi in questo agone. Lascio il microfono agli specialisti della ricerca e della disinformazione, a quelli seri e a quelli che ci stanno speculando e si apparecchiano la tavola per la grande abbuffata di vaccini, farmaci, disinfettanti e Dio solo sa cosa si inventeranno per venderci la “salvezza”. Parola magica per chi sta nel panico; salvagente per chi sta affogando in mare; un braccio forte che ti sorregge mentre stai per precipitare in un burrone… la salvezza!

Nel nostro delirio di superiorità, perdiamo la testa di fronte alla natura che a volte sa esprimersi con forza brutale, un terremoto, un uragano… un microscopico virus. La pensavamo addomesticata, questa natura, definitivamente sottomessa al potere dell’uomo. E invece ogni tanto ci sfugge qualcosa.

In realtà questa è solo una piccola prova di panico; robetta in confronto a quello che ci aspetta nei prossimi anni con l’emergenza climatica che comunque ci ostiniamo a non prendere sul serio nonostante ormai sia più che evidente, più che dimostrata. Non stiamo facendo nulla neppure per rallentare l’aumento delle temperature, ben sapendo gli scenari che ci aspettano. L’uovo oggi a cui nessuno vuole rinunciare, la spensieratezza, la noncuranza con cui si getta una bottiglia di plastica in mare o in un parco; ad alcuni piace essere così: “me ne frego degli altri, me ne frego del mondo, me ne frego di tutto e di tutti; esisto solo per il mio piacere qui e ora, perché domani sarò morto e… pazienza se chi verrà troverà un mondo marcio, io sono morto a pancia piena e me ne sto comodo in una bara foderata in un tessuto sintetico che durerà mille anni.

Ma questi sbruffoncelli a cui piace tenere i piedi sul tavolo, sono le prime vittime del panico, quelli che corrono a riempire i carrelli al supermercato, perché hanno paura di morire, di perdere tutto. Non sanno come si affrontano le difficoltà, le crisi, la necessità di tirarsi su le maniche, il dovere di mettersi in gioco non solo per sé, ma anche per gli altri, oddio, oddio! Finiscono anche per ritrovare una fede di comodo, pregando il Signore che li salvi e non li faccia ammalare … a loro.

L’umanità è in pericolo, ma non a causa di un virus: è l’uomo, siamo noi il vero problema; o meglio, una parte di noi, perché c’è tanta gente nel mondo che è solo vittima e paga comunque il conto di un banchetto al quale non si è mai potuta avvicinare.

Passato il panico, cosa resterà: un’economia devastata, da ricostruire come dopo una guerra; la paura, che non se ne andrà facilmente, i muri per proteggersi dove si erano abbattute le barriere. Una vita da zombie, a cui sarà difficile sfuggire.

Ma nei film di fantascienza c’è quasi sempre un eroe e un lieto fine che culmina con l’alba di un nuovo giorno. E quell’eroe può essere ciascuno di noi, se si ribella al panico ed esce fuori dal coro. Se prende coscienza di essere parte di una comunità che si chiama umanità, se diventa custode della Terra e non suo nemico, se impara a godere del presente guardando al futuro.

Renzo Agostini