Cinquant’anni fa avevo da poco compiuto i tredici anni. Avevo ancora gli occhi pieni delle immagini dello sbarco dell’uomo sulla Luna, dell’impronta dello scarpone di Armstrong, “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”. Avevo la testa in agitazione, con la rivoluzione del ’68 ancora calda, il mondo da cambiare, un futuro tutto da scrivere. Mi sentivo carico come una molla!

Il mondo stava cambiando, niente sarebbe stato più come prima, a partire proprio dalla Luna che smetteva di essere una proiezione luminosa in un cielo buio (come poteva essere percepita da un bambino), ma diventava un oggetto solido, materiale, che ne faceva perdere la poesia (solo un mucchio di sassi, senza valore…), ma nello stesso tempo proiettava l’uomo in una dimensione che andava al di là del nostro piccolo pianeta: “il primo piccolo passo…”).

La Seconda Guerra Mondiale, aveva lasciato tante macerie, tanto dolore, ma c’erano fiori che erano nati tra le rovine che parlavano di democrazia, di uguaglianza, di rottura delle frontiere, la speranza di un mondo migliore e il rigetto delle atrocità commesse. Nessuno pensava che finita la guerra sarebbe tornato tutto come prima, perché nessuno lo voleva più “quello di prima”, a costo di buttare via con l’acqua sporca, anche il bambino..

La mia è stata una generazione fortunata, perché ha vissuto questo momento entusiasmante, senza aver dovuto provare sulla pelle le atrocità, il dolore, la paura, la follia della guerra, che ci è arrivata attraverso i racconti dei nonni e dei genitori, ma come spesso accade in questi casi, in forma romanzata, perché il dolore vero si preferisce farlo scivolare via e mantenerne una forma un poco più edulcorata, più facile da ricordare e tramandare.

In 50 anni siamo passati dall’Apollo 11 al Covid-19. I ragazzi che hanno oggi 13 anni stanno vivendo una esperienza molto forte che cambierà inevitabilmente la loro visione del mondo e del futuro.

Cos’è successo? Contro quale muro si sono infranti i miei sogni di ragazzino? Dove abbiamo sbagliato? Avevamo pensato di essere invincibili ed ora scopriamo invece di avere piccoli piedi d’argilla. Un microscopico virus ci ha messo in ginocchio. Ci rialzeremo, ne sono certo, ma con una consapevolezza nuova, quella di essere vulnerabili, di non essere Dio, ma di “essere Umani”.

Se avessi 13 anni oggi cosa penserei? Come mi sentirei? Difficile, impossibile, per me, entrare nella loro testa e quindi, come è giusto che sia, dovrò/dovremo aspettare che siano loro a dircelo, perché il futuro appartiene a loro e devono essere queste nuove generazioni, guarda caso, per il momento, immuni al virus, a pensare e ad agire per costruire un nuovo mondo. Anche perché a nessuno più che a loro sta a cuore il loro futuro, la loro vita. Sono certo che sapranno fare molto meglio di noi; saranno meno ingordi e più saggi.

“Andrà tutto bene”, solo se sapremo ascoltare questi ragazzi, solo se penseremo al loro futuro prima che agli interessi speculativi, a quelli politici, economici. “Andrà tutto bene” solo se non ci illuderemo e non li illuderemo, che tutto possa tornare come prima, perché tutto dovrà essere meglio di prima, con più attenzione all’ambiente, all’umanità, dando valore a ciò che fino ad ieri davamo quasi per scontato, perché oggi abbiamo visto che scontato non è: l’aria aperta, i rapporti sociali, ad esempio. Oggi siamo diventati improvvisamente consapevoli della loro importanza, di quanto non possiamo farne a meno, ma ce li stavamo dimenticando, perdendo: passavamo sempre meno tempo all’aperto a giocare, a passeggiare, a lavorare, rinchiusi in luoghi (fabbriche, uffici, case, scuole, palestre, automobili, centri commerciali, ecc.) in cui la luce del sole è sostituita da quella artificiale, dove l’aria è condizionata, dove i suoni e gli odori sanno di plastica; intrattenevamo sempre meno rapporti con le persone, sostituiti dai cellulari e dai social. Erano già il segno di una malattia di cui il Covid-19 rappresenta solo l’estremizzazione, come a dirci: attenzione, arriveremo a questo, vi sta bene, è proprio questo il mondo che volete?

“Andrà tutto bene”, ma non sarà facile. Abbiamo tanto da meditare, tanto da fare, tanto da ascoltare, tutti. Il Covid-19 ci sta dando questa opportunità. Sta a noi saperla cogliere.

(l’articolo è uscito sul Corriere di Rimini: ecco il link )