Mio babbo faceva il meccanico di precisione, per lui il decimo di millimetro era l’equivalente di un metro. Aveva una piccola officina, sotto casa e una passione incredibile per il proprio lavoro. Produceva stampi e macchine per fare occhiali. Capitava spesso che, finiti i compiti, andavo ad aiutarlo, fino ad ora di cena, e mi diceva sempre, “occhio al decimo! Un decimo in più non entra, un decimo in meno balla, capito?” La sua penna era il calibro ed altri arnesi per misurare il “capello”.

Mi diceva, “da grande devi fare l’oculista, ridare la vista a chi l’ha persa”.  Ma è sempre stato molto rispettoso delle mie scelte, anche se a volte ha fatto fatica a capirle. Quando mi sono laureato si è commosso; son tornato a casa da Venezia che era notte fonda, mia mamma aveva preparato la torta di mele e abbiamo festeggiato con quella e un bicchiere di albana…. anche se la laurea non era in medicina, ma in urbanistica (?). Mi disse, “bravo, non credevo che alla fine ti saresti laureato”.

Questa frase mi è rimasta dentro tanto tempo. All’epoca non la presi molto bene, mi sembrava mancanza di fiducia. Oggi la giustifico: infondo mi ha dato massima libertà di studiare, ricercare, cambiare, intraprendere percorsi difficili da capire, non misurabili con un calibro. Forse gli ho dato anche l’idea che della scuola, del pezzo di carta, non me ne importasse nulla. Infatti, l’ho appesa al muro e ho fatto altro nella vita, cameriere, sindacalista, commerciante, imprenditore. Ma ciò che sono oggi, nel bene e nel male, lo devo in gran parte alla mia famiglia, alla “libertà vigilata” che mi hanno concesso, ai valori che mi hanno trasmesso, al compito di portarli avanti che mio padre mi ha lasciato anche in punto di morte.

Ecco io ho avuto questa grande fortuna. Oggi vedo tanta gente cresciuta senza padri e madri, liberi di fare tutto e niente, senza arte nè parte, senza valori, senza rispetto per sè e per gli altri. Che roba è? Non si nasce bamboccioni nel dna, nella pancia della mamma. Lo si diventa quando il permissivismo sfocia nel menefreghismo: ha mangiato? ha vestiti firmati, ha il cellulare, ha, ha, ha…? Continuiamo a dare oggetti, più che amore ed emozioni, coraggio di affrontare la vita nel bene e nel male, rispetto per gli altri che non sono qui per portarci via i nostri giocattoli, ma per condividere l’esperienza della vita.

E’ sempre più difficile oggi trovare gente che si appassiona al proprio lavoro, specialmente fra i trentenni e quarantenni. Una generazione venuta male, travolta dal benessere, la corruzione, la perdita di ideali, delusi e persi. Meglio i giovani, quelli che si sono in qualche modo arrangiati, abbandonati da chi avrebbe avuto il compito di crescerli, che in qualche modo hanno trovato una loro strada. Ne ho conosciuti tanti entusiasti, con gli occhi che gli brillano, quanto sono belli!

Vedi babbo, non ho fatto l’oculista, come avrei potuto? svengo per una goccia di sangue… Ma infondo il mio lavoro oggi è molto simile a quello dell’oculista. Cerco di aiutare la gente a vedere le cose come stanno, a togliersi bende, a riaprire gli occhi e le orecchie e collegare il cervello. Non è forse come ridare la vista ai non vedenti, far riscoprire ciò che si è perso e ritrovare la strada che porta al benessere nostro e di tutti gli esseri viventi e dell’ambiente? No, non faccio miracoli, faccio un lavoro che mi piace, insieme a tante persone che condividono questi ideali.

Non so cosa vi arriverà di questa paginetta. A qualcuno nulla, ad altri una emozione, piccola o grande che sia. Ma se sono veri i principi della fisica quantistica, questa scintilla che parte dai vostri cuori corre su una rete che collega tutti e tutto e forse, chissà, farà sorridere anche mio babbo da lassù.

Mi tolgo gli occhiali da lettura, chiudo gli occhi e sorrido pure io… hai visto bà che alla fine ho fatto come sarebbe piaciuto a te?!…. decimo più, decimo meno….